Il carcere di Civitavecchia è stato al centro di un episodio che ha sollevato molti interrogativi e dato il via a un’indagine complessa. Un telefono cellulare, un Motorola con una scheda SIM attiva al suo interno, è stato rinvenuto in una delle celle della struttura penitenziaria. Il ritrovamento ha portato immediatamente all’attenzione delle autorità due detenuti, uno di nazionalità rumena e l’altro moldava, sui quali si concentrano ora le ipotesi accusatorie.
Civitavecchia, fanno entrare cellulare in cella
L’intervento della polizia giudiziaria è stato determinante: il cellulare è stato sequestrato, e i sospetti sul coinvolgimento dei due uomini si sono fatti subito concreti. Secondo le prime ricostruzioni, gli inquirenti ritengono che i detenuti abbiano ricevuto il telefono in maniera illecita, utilizzandolo successivamente per scopi che restano, al momento, non del tutto chiari. L’uso di cellulari all’interno delle carceri rappresenta un problema di sicurezza estremamente serio, poiché consente ai detenuti di mantenere contatti con l’esterno in modo non controllato, spesso per fini illegali.
Scoperti due detenuti
Nel corso delle operazioni di sequestro e nel corso degli interrogatori che sono seguiti, i due uomini hanno scelto di non rilasciare dichiarazioni, mantenendo il silenzio. Il loro legale, l’avvocato Antonino Castorina del Foro di Reggio Calabria, ha espresso la necessità di esaminare in modo approfondito l’intero materiale raccolto dalle indagini. Castorina, che difende entrambi i detenuti, ha sottolineato come sia cruciale verificare non solo la provenienza del cellulare, ma anche chi lo abbia effettivamente utilizzato e come sia stato introdotto all’interno del carcere, superando i rigidi controlli di sicurezza della struttura.
Le domande sono molte e le risposte, per ora, poche. Come è stato possibile che un dispositivo elettronico, vietato all’interno di un ambiente così sorvegliato, sia riuscito a passare inosservato? E, soprattutto, a quale scopo? L’introduzione di un cellulare in carcere potrebbe avere implicazioni gravi, dal coordinamento di attività criminali all’esterno, fino alla pianificazione di evasioni o la gestione di traffici illeciti tra le mura del penitenziario.
L’inchiesta alle battute iniziali
L’inchiesta è ancora nelle fasi preliminari, ma gli inquirenti stanno valutando tutte le piste possibili. Non si esclude che il coinvolgimento di altre persone, sia all’interno che all’esterno della prigione, possa emergere man mano che l’indagine si approfondisce.
Intanto, l’attenzione resta alta su come un semplice cellulare possa aver innescato un caso così complesso, portando alla luce possibili falle nel sistema di sicurezza penitenziaria. Mentre le indagini proseguono, la vicenda di Civitavecchia si profila come un episodio emblematico delle difficoltà nella gestione della sicurezza nelle carceri italiane. ( Aticolo pubblicato da www.7colli.it )